La lotta contro il fascismo
comincia con la lotta contro il
bolscevismo (1938)
Otto Rühle
I
La
Russia
dev'essere posta per prima tra gli stati totalitari. Fu la prima ad applicare i
nuovi principi statali. Fu la più rapida nella loro applicazione. Fu la prima a
stabilire una dittatura costituzionale, insieme al sistema di terrore politico
ed amministrativo che va con essa. Adottando tutti gli aspetti dello stato
totale, essa perciò divenne il modello per tutti quegli altri stati che furono
forzati a tagliar fuori il sistema statale democratico e
pervenire ad un governo
dittatoriale. La Russia
fu l'esempio per il fascismo.
Nessun accidente è qui degenerato,
né un brutto scherzo della storia. La duplicazione di sistemi qui non è
apparente, ma reale. Ogni cosa suggerisce che c'è da occuparsi qui di
espressioni e conseguenze di identici principi applicati a differenti livelli
di sviluppo storico e politico. Che ai partiti "comunisti" piaccia o
no, rimane il fatto che l'ordine statale ed il governo in Russia sono
indistinguibili da quelli in Italia e Germania.
Essenzialmente sono uguali. Si può
parlare di "stato sovietico" rosso, nero o bruno, come di fascismo
rosso, nero o bruno. Sebbene certe differenze ideologiche esistano tra questi
paesi, l'ideologia non è mai di primaria importanza.. Le ideologie, anzichenò,
sono mutevoli e questi cambiamenti non necessariamente riflettono il carattere
e le funzioni dell'apparato statale. Inoltre, il fatto che la proprietà privata
esista ancora in Germania ed in Italia è solo una modificazione di secondaria
importanza. L'abolizione della proprietà privata da sola non garantisce il
socialismo. La proprietà privata all'interno del socialismo può anche essere
abolita.
Ciò che attualmente determina una
società socialista è, prima del farla finita con la proprietà privata dei mezzi
di produzione, il controllo dei lavoratori sui prodotti del loro lavoro e la
fine del sistema salariale.
Entrambe queste conquiste sono
inadempiute in Russia, così come in Italia e Germania. Sebbene qualcuno
potrebbe assumere che la Russia
sia di un passo più vicina al socialismo degli altri paesi, a ciò non segue che
che il suo "stato sovietico" abbia aiutato il proletariato
internazionale ad avvicinarsi in qualche modo ai suoi risultati di classe. Al
contrario, poiché la Russia
si autodefinisce uno stato socialista, mistifica e delude i lavoratori del
mondo. Il lavoratore pensante sa cos'è il fascismo e lo combatte, ma riguardo
alla Russia, è solo troppo spesso incline ad accettare il mito della sua natura
socialistica. Questa delusione inceppa una completa e determinata rottura col
fascismo, perché blocca la lotta di principio contro le ragioni, le
precondizioni e le circostanze che in Russia, come in Germania ed Italia, hanno
portato ad un identico sistema statale e di governo. Così il mito russo volge
ad un arsenale di controrivoluzione.
Non è possibile per gli uomini
seguire due padroni. Né uno stato totalitario può fare una cosa simile. Se il
fascismo serve interessi capitalistici ed imperialistici, non può servire i
bisogni dei lavoratori. Se, a dispetto di ciò, due classi apparentemente
opposte favoriscono lo stesso sistema statale, è ovvio che qualcosa dev'essere
sbagliato. Una o l'altra classe dev'essere in errore. Nessuno può dire qui che
il problema è solamente di forma e quindi di nessun significato reale, che,
sebbene le forme politiche siano autentiche, i loro contenuti possano variare
ampiamente. Questa sarebbe autodelusione. Per il Marxista queste cose non
succedono; per lui forma e contenuto si compenetrano tra loro e non possono
essere separate. Ora, se lo stato sovietico serve come modello per il fascismo,
deve contenere elementi strutturali e funzionali comuni al fascismo. Per
determinare quali siano dobbiamo andare indietro al "sistema
sovietico" come stabilito dal leninismo, che è l'applicazione dei principi
del bolscevismo alle condizioni russe. E se un'identità tra bolscevismo e
fascismo può essere stabilita, allora il proletariato non può allo stesso modo
combattere il
fascismo e difendere il
"sistema sovietico" russo. Invece, la lotta contro il fascismo deve
cominciare dalla lotta contro il bolscevismo.
II
Fin dall'inizio il bolscevismo fu
per Lenin un fenomeno puramente Russo. Durante i molti della sua attività
politica, non tentò mai di elevare il sistema bolscevico a forme di lotta in
altri paesi. Era un socialdemocratico che vedeva in Bebel e Kautsky i leaders
geniali della classe lavoratrice ed ignorava l'ala sinistra del movimento socialista
Tedesco che lottava contro questi suoi eroi e tutti gli altri opportunisti.
Ignorandoli, rimase in consistente isolamento circondato da un piccolo gruppo
di emigranti Russi, e continuò a stare sotto l'influenza di kautsky persino
quando la "sinistra" Tedesca, sotto la leadership di Rosa Luxemburg,
era già impegnata in lotta aperta contro il kautskismo.
Lenin faceva riferimento solo alla
Russia. Il suo obiettivo era la fine del sistema feudale zarista e la conquista
del più grande ammontare d'influenza politica per il suo partito
socialdemocratico all'interno della società borghese.
Comunque esso [il partito bolscevico
- N.d.T.] realizzò che sarebbe potuto rimanere al potere e guidare il processo
di socializzazione solo se avesse potuto sguinzagliare la rivoluzione mondiale
dei lavoratori. Ma la sua attività a questo riguardo fu infelice.
Col ricacciare i lavoratori tedeschi
all'interno dei partiti, sindacati e parlamento, e colla simultanea distruzione
del movimento tedesco dei consigli (soviet), i bolscevichi diedero man forte
alla sconfitta della risvegliantesi rivoluzione Europea.
Il partito bolscevico, formato da
rivoluzionari professionisti da una parte e da numerose masse arretrate
dall'altra, rimase isolato. Non poteva sviluppare un vero sistema sovietico
all'interno degli anni di guerra civile, intervento, declino economico,
esperimenti di socializzazione falliti, e l'improvvisata Armata Rossa. Sebbene
i soviet, ch'erano stati sviluppati dai menscevichi, non si fossero fissati
nello schema bolscevico, fu col loro
aiuto che i bolscevichi salirono al
potere. Con la stabilizzazione del potere ed il processo di ricostruzione
economica, il partito bolscevico non sapeva come coordinare il sistema
sovietico alle proprie decisioni ed attività. Tuttavia, il socialismo era anche
il desiderio dei bolscevichi, ed abbisognava del proletariato mondiale per la
sua realizzazione.
Lenin pensava fosse essenziale
vincere i lavoratori del mondo ai metodi bolscevichi. Era seccante che i
lavoratori di altri paesi, nonostante il gran trionfo del bolscevismo,
mostrassero poca inclinazione ad accettare per loro stessi la teoria e pratica
bolscevica, ma tendessero piuttosto nella direzione del movimento dei consigli,
che si levò in un numero di paesi, e specialmente in Germania.
Quel movimento dei consigli che
Lenin non poteva più usare in Russia. In altri paesi Europei esso mostrava
forti tendenze ad opporsi al tipo bolscevico di sollevazioni. A dispetto della
tremenda propaganda di Mosca in tutti i paesi, le cosiddette "ultrasinistre",
come Lenin stesso le apostrofava, si agitavano con più successo per la
rivoluzione sulle basi del movimento dei consigli di quanto facessero tutti i
propagandisti inviati dal partito bolscevico. Il partito comunista, seguace del
bolscevismo, rimaneva un piccolo, isterico e rumoroso gruppo comprensivo in
larga parte dei brandelli proletarizzati della borghesia, mentre il movimento
dei consigli crebbe in vera forza proletaria ed agganciò i migliori elementi
della classe lavoratrice. Per far fronte a questa situazione, la propaganda
bolscevica doveva essere accresciuta; l'"ultrasinistra" doveva essere
attaccata; la sua influenza doveva essere distrutta in favore del bolscevismo.
Dacchè il sistema sovietico era
fallito in Russia, come poteva la "competizione" radicale osar
tentare di provare che ciò che non potè esser completato dal bolscevismo in
Russia avrebbe potuto esser realizzato molto meglio indipendentemente dal
bolscevismo in altri posti? Contro questa competizione Lenin scrisse il suo
pamphlet "L'Estremismo, Malattia Infantile del Comunismo", dettato
dalla paura di perdere potere e dall'indignazione circa il successo degli
eretici. Dapprima questo pamphlet apparve col sottotitolo "tentativo di
esposizione popolare della strategia e tattica marxiana", ma più tardi
questa dichiarazione troppo ambiziosa e sciocca fu rimossa. Era davvero un pò
troppo. Questa aggressiva, cruda e odiosa bolla papale fu vero materiale per
ogni controrivoluzionario. Di tutte le dichiarazioni programmatiche del bolscevismo,
fu la più rivelatrice del suo reale carattere. Questo è il bolscevismo
smascherato. Quando nel 1933 Hitler soppresse tutta la letteratura socialista e
comunista in Germania, al pamphlet di Lenin fu permessa la pubblicazione e la
distribuzione.
Riguardo ai contenuti del pamphlet,
non ci occupiamo qui di ciò che dice in relazione alla rivoluzione Russa, alla
storia del bolscevismo, alla polemica tra bolscevismo ed altre correnti del
movimento del lavoro, o alle circostanze che permisero la vittoria bolscevica,
ma soltanto dei punti principali tramite i quali al tempo della discussione tra
Lenin e l'"ultrasinistrismo" vennero illustrate le differenze
decisive tra i due opponenti.
III
Il partito bolscevico,
originariamente la sezione socialdemocratica russa della Seconda
Internazionale, fu formato non in Russia, ma durante l'emigrazione. Dopo la
spaccatura di Londra nel 1903,
l'ala sinistra della socialdemocrazia russa non era più
di una piccola setta. Le "masse" dietro di essa esistevano solo nella
mente del suo leader. Comunque, questa piccola avanguardia era
un'organizzazione strettamente disciplinata, sempre pronta per lotte militanti
e continuamente purgata per mantenere la sua integrità. Il partito era
considerato l'accademia di guerra dei rivoluzionari professionisti. I suoi
preminenti requisiti pedagogici erano l'autorità incondizionata del leader, il
rigido centralismo, la disciplina d'acciaio, la conformità, la
militanza ed il sacrificio della personalità per interessi di partito. Ciò che
effettivamente Lenin sviluppò era un'elite di intellettuali, un centro che, una
volta introiettato nella rivoluzione, avrebbe catturato la leadership ed
assunto il potere. Non è il caso di provare a determinare logicamente ed
astrattamente se questo tipo di preparazione per la rivoluzione sia giusto o
sbagliato. Il problema dev'essere risolto ialetticamente. Altre domande devono
essere sollevate: Che tipo di rivoluzione era in preparazione? Quale fu il
risultato della rivoluzione?
Il partito di Lenin lavorava
all'interno della tardiva rivoluzione borghese in Russia per rovesciare il
regime feudale dello zarismo. Più centralizzata e più monocratica fosse stata
la volontà del partito leader in una simile rivoluzione, più successo avrebbe
accompagnato il processo di formazione dello stato borghese e più promettente
sarebe stata la posizione della classe proletaria all'interno della struttura
del nuovo stato.
Comunque, ciò che può essere stimato
come una come una felice soluzione dei problemi rivoluzionari in una
rivoluzione borghese, non può essere allo stesso tempo pronunciato per una
rivoluzione proletaria. La decisiva differenza strutturale tra la società
borghese e la nuova società socialista esclude un'attitudine simile.
Secondo i metodi rivoluzionari di
Lenin, i leaders appaiono alla testa delle masse. Possedendo l'adatta scuola
rivoluzionaria, sono capaci di comprendere situazioni e dirigere e comandare le
forze combattenti.
Sono rivoluzionari professionisti, i
generali di un grande esercito civile. Questa distinzione tra testa e corpo,
intellettuali e masse, funzionari e privati corrisponde alla dualità della
società di classe, all'ordine sociale borghese. Una classe è educata a
governare; l'altra ad essere governata. Da questa vecchia formula di classe
risultava il concetto di partito di Lenin. La sua organizzazione era solo una
replica della società borghese. La sua rivoluzione è obiettivamente determinata
dalle forze che creano un ordine sociale incorporante queste relazioni di
classe, nonostante i risultati soggettivi accompagnanti questo processo.
Chiunque voglia avere un ordine
borghese lo troverà nel divorzio tra leader e masse, avanguardia e classe
lavoratrice, la giusta preparazione strategica per la rivoluzione. Più
intelligente, scolarizzata e superiore è la leadership e più disciplinate ed
obbedienti sono le masse, più sono le chances che una tale rivoluzione venga ad
accadere. Nell'aspirare alla rivoluzione borghese in Russia, il partito di
Lenin era il più appropriato
al suo risultato.
Quando, comunque, la rivoluzione
russa cambiò il suo carattere, quando le sue caratteristiche proletarie
diventarono più attuali, i metodi tattici e strategici di Lenin cessarono di
avere valore. Se egli ebbe successo ugualmente non fu per la sua avanguardia,
ma per il movimento dei soviet che non era stato tutto incorporato nei suoi
piani rivoluzionari. E quando Lenin, dopo che la rivoluzione fu realizzata con
successo dai soviet, esonerò ancora questo movimento, tutto ciò ch'era stato
proletario in nella rivoluzione russa fu coesonerato. Il carattere borghese
della rivoluzione venne ancora alla ribalta, trovando il suo naturale
completamento nello stalinismo.
A dispetto del suo grande interesse
nella dialettica marxiana, Lenin non era capace di vedere i processi
sociostorici in maniera dialettica. Il suo pensiero rimaneva meccanicistico,
seguente ruoli rigidi. Per lui c'era solo un partito rivoluzionario - il suo;
solo una rivoluzione - la russa; solo un metodo - il bolscevico. E ciò che
aveva prodotto risultati in Russia ne avrebbe prodotti anche in Germania,
Francia, America, Cina ed
Australia. Ciò che era corretto per
la rivoluzione borghese in Russia sarebbe stato corretto anche per la
rivoluzione proletaria mondiale. La monotona applicazione di una formula una
volta scoperta portò in un circolo egocentrico indisturbato da tempo e
circostanze, gradi di sviluppo, standards culturali, idee ed uomini. In Lenin
venne alla luce con grande chiarezza il ruolo dell'età delle macchine in
politica; egli era il "tecnico", l'"inventore", della
rivoluzione, il rappresentante dell'onnipotente volontà del leader. Tutte le
caratteristiche fondamentali del fascismo erano nella sua dottrina, nella sua
strategia, nel suo "planning" sociale e nella sua arte di
comportamento con gli uomini. Non poteva vedere il profondo significato
rivoluzionario del rigetto delle tradizionali politiche di partito da parte
della sinistra. Non poteva comprendere la reale importanza del movimento dei
soviet per l'orientamento socialista della società. Non ha mai imparato a
conoscere i prerequisiti della liberazione dei lavoratori. Autorità,
leadership, forza esercitati da una parte, e organizzazione, quadri,
subordinazione dall'altra parte, - questa era la sua linea di
ragionamento. Disciplina e dittatura
sono le parole più frequenti nei suoi scritti. È comprensibile, allora, perché
non potè comprendere né apprezzare le idee e le azioni
dell'"ultrasinistra", che non accettò la sua strategia e che pretese
ciò che era più ovvio e più necessario per la lotta rivoluzionaria per il
socialismo, menzionatamente che i lavoratori una volta e per tutte prendessero
il loro destino nelle proprie mani.
IV
Prendere il loro destino nelle
proprie mani - parola chiave, questa, di tutte le questioni di socialismo - fu
la vera controversia in tutte le polemiche tra l'ultrasinistra ed i
bolscevichi. Il disaccordo sulla questione del partito fu parallelo al
disaccordo sul tradeunionismo. L'ultrasinistra era dell'opinione che non vi
fosse più posto per i rivoluzionari nei sindacati; che era piuttosto necessario
per loro sviluppare le proprie forme organizzazionali all'interno delle
fabbriche, i comuni posti di lavoro. Comunque, grazie alla loro immeritata
autorità, i bolscevichi sono stati abili nelle prime settimane della
rivoluzione tedesca a riportare i lavoratori nelle capitalistiche reazionarie
trade unions. Per combattere le ultrasinistre, per denunciarle come stupide e
controrivoluzionarie, Lenin nel suo pamphlet ancora una volta fa uso delle sue
formule meccanicistiche. Nei suoi argomenti contro la posizione della sinistra
non si riferisce alle trade unions tedesche, ma alle esperienze sindacali dei
bolscevichi in Russia. Che ai loro primi inizi le trade unions fossero state di
grande importanza per la lotta di classe proletaria è un fatto generalmente
accettato. I sindacati in Russia erano giovani e ciò giustificava l'entusiasmo
di Lenin. Comunque, la situazione era differente in altre parti del mondo.
Utili e progressive ai loro albori, le trade unions nei paesi capitalistici più
vecchi erano diventate ostacoli sulla via della liberazione dei lavoratori.
Erano diventate strumenti di controrivoluzione e la sinistra tedesca trasse le
sue conclusioni da questa mutata situazione.
Lenin stesso non poteva aiutare
dichiarando che nel corso del tempo s'era sviluppato uno strato di una
"strettamente tradeunionista, imperialisticamente orientata, arrogante,
vana, sterile, egotistica, piccoloborghese, corrotta e demoralizzata
aristocrazia del lavoro". Questa gilda di corruzione, questa gangster
leadership, oggi governa il mondo sindacale mondiale e vive sulla schiena dei
lavoratori. Era di questo movimento sindacale che l'ultrasinistra stava
parlando quando richiedeva che i lavoratori avrebbero dovuto isolarlo. Lenin,
comunque, rispose demagogicamente indicando il giovane movimento sindacale in
Russia che non aveva in comune il carattere dei sindacati da lungo stabilizzati
in altri paesi. Impiegando una specifica esperienza a un dato periodo e sotto
particolare circostanza, pensava fosse possibile trarre da essa conclusioni di
mondiale applicazione. I rivoluzionari, arguiva, devono essere sempre dove sono
le masse. Ma in realtà dove sono le masse? Negli uffici delle trade unions? Ai
meetings dei membri? Ai meetings segreti della leadership coi rappresentanti
dei capitalisti? No, le masse sono nelle fabbriche, nei loro posti di lavoro; e
li è necessario effettuare la loro cooperazione e rafforzare la loro
solidarietà. L'organizzazione di fabbrica, il sistema consiliare, è la vera
organizzazione della rivoluzione, che deve soppiantare tutti i partiti e
sindacati.
Nelle organizzazioni di fabbrica non
c'è nessun posto per la leadership professionale, nessun divorzio dei leaders
dai seguaci, nessuna distinzione di casta tra intellettuali e base di classe,
nessun terreno per egotismo, competizione, demoralizzazione, corruzione,
sterilità e filisteismo. Qui i lavoratori devono prendere il loro destino nelle
proprie mani.
Ma Lenin pensava altrimenti. Voleva
preservare i sindacati; per cambiarli dall'interno; per rimuovere i burocrati
socialdemocratici e rimpiazzarli con burocrati bolscevichi; per rimpiazzare una
burocrazia cattiva con una buona. Quella cattiva si sviluppa in una socialdemocrazia,
quella buona in bolscevismo. Vent'anni d'esperienza hanno intanto dimostrato
l'idiozia di siffatto concetto. Seguendo il parere di Lenin, i Comunisti han
provati tutti e vari metodi per riformare i sindacati. Il risultato è stato
nullo. Il tentativo di formare propri sindacati è stato parimenti nullo. La
competizione tra lavoro sindacale socialdemocratico e bolscevico è stata una
competizione in corruzione. Le energie rivoluzionarie dei lavoratori furono
esaurite in questo proprio processo. Invece di concentrarsi sulla lotta contro
il fascismo, i lavoratori furono impiegati in una sperimentazione senza senso e
senza risultato nell'interesse di diverse burocrazie. Le masse persero confidenza in se stesse e nelle "loro" organizzazioni. Si
sentirono ingannate e tradite. I metodi del fascismo, dettare ogni passo dei
lavoratori, impedire il risveglio dell'autoiniziativa, sabotare tutti gl'inizi
di coscienza di
classe, demoralizzare le masse
attraverso innumerevoli sconfitte e renderle impotenti - tutti questi metodi -
erano stati già sviluppati in vent'anni di lavoro nei sindacati in accordo coi
principi bolscevichi. La vittoria del fascismo fu così facile perché i
leaders del lavoro nei sindacati e nei partiti avevano preparato per loro
[ossia per i fascisti europei, rimanendo nel limite cronologico di questo
scritto, e chi li sosteneva - N.d.T.] il materiale
umano adatto ad essere inserito
nello schema di cose fascistico.
V
Anche sulla questione del
parlamentarismo Lenin appare nel ruolo del difensore di una istituzione
politica decaduta che era diventata un ostacolo per un più veloce sviluppo
politico ed un danno all'emancipazione proletaria. Le ultrasinistre
combatterono il parlamentarismo in tutte le sue forme. Rifiutarono di
partecipare ad elezioni e non rispettarono le decisioni parlamentari. Lenin,
comunque, pose più sforzo nelle attività parlamentari ed attribuì ad esse più
importanza. L'ultrasinistra dichiarò il parlamentarismo storicamente passè sia
pure come tribuna per l'agitazione, e vide in esso non più che una continua
risorsa di corruzione politica sia per parlamentari che per lavoratori. Esso
smorzò la consapevolezza rivoluzionaria e la
consistenza delle masse colcreare
illusioni di legalistiche riforme, e nelle occasioni critiche il parlamento si
trasformò in un'arma di controrivoluzione. Doveva essere distrutto o, quando
null'altro fosse stato possibile, sabotato. La tradizione parlamentare, ancora
giocanti una parte nella coscienza proletaria, doveva essere combattuta.
Per ottenere l'effetto opposto,
Lenin operò con lo stratagemma di fare una distinzione tra le istituzioni
storicamente e politicamente passè. Certamente, arguì, il parlamentarismo era
storicamente obsoleto, ma questo non era politicamente il caso, e si sarebbero
dovuti fare i conti con ciò. Si sarebbe dovuto partecipare perché ciò giocava
ancora una parte politicamente.
Che argomento! Il capitalismo,
anche, è solo storicamente e non politicamente obsoleto. Secondo la logica di
Lenin, non è allora possibile combattere il capitalismo in una maniera
rivoluzionaria. Piuttosto un compromesso dovrebbe essere trovato. Opportunismo,
mercanteggiamento, commercio dei cavalli politico - ciò sarebbe la conseguenza
della tattica di Lenin. La monarchia, pure, è storicamente ma non politicamente
sorpassata. Secondo Lenin, i lavoratori non avrebbero nessun diritto di farla
finita con essa ma sarebbero obbligati a trovare una soluzione di compromesso.
Come la stessa storia sarebbe vera riguardo alla chiesa, pure solo storicamente
ma non politicamente sorpassata. Inoltre, il popolo appartiene in grandi masse
alla chiesa. Come rivoluzionario, Lenin fece notare, uno deve dev'essere dove
sono le masse. La consistenza lo forzerebbe a dire "Entra nella chiesa, è
il tuo dovere rivoluzionario!" Alla fine, c'è il fascismo. Un giorno,
altresì, il fascismo sarà storicamente sorpassato ma politicamente ancora in
esistenza. Cosa è allora da fare? Accettare il fatto e realizzare un
compromesso col fascismo. Secondo il ragionamento di Lenin, un patto tra Stalin
ed Hitler illustrerebbe solo che Stalin attualmente è il miglior discepolo di
Lenin: e non sarebbe del tutto sorprendente se nel prossimo futuro gli agenti
bolscevichi salutassero il patto tra Mosca e Berlino come la sola vera tattica
rivoluzionaria [si rimarca che circa un anno dopo l'uscita di tale scritto ci
sarebbe stato il patto Molotov - Ribbentropp…- N.d.T.].
La posizione di Lenin sul
parlamentarismo è solo un'addizionale illustrazione della sua incapacità di
comprendere i bisogni essenziali e le caratteristiche della rivoluzione
proletaria. La sua rivoluzione è interamente borghese; è una battaglia per la
maggioranza, per posizioni di governo, per un impossessamento della macchina
legislativa. Egli allo stato delle cose riteneva importante crescere di più
voti possibile alle campagne elettorali, avere una forte frazione bolscevica in
tutti i parlamenti, aiutare a determinare forme e contenuti della legislazione,
prender parte nel ruolo politico. Non notava del tutto che il parlamentarismo
di oggi è un mero bluff, una vuota finzione, e che il reale potere della
società borghese si posa in luoghi interamente differenti; che nonostante tutte
le possibili sconfitte parlamentari la borghesia avrebbe ancora in mano
sufficienti mezzi per assertare la sua volontà ed interesse in campi non
parlamentari. Lenin non vide i demoralizzanti effetti che il parlamentarismo
aveva sulle masse, non notò il posizionamento delle morali pubbliche attraverso
la corruzione parlamentare. Corrotti, venduti, e spaventati, i politici
parlamentari erano paurosi per le loro entrate. C'è stato un tempo nella
Germania prefascista in cui i reazionari potevano passare ogni desiderata
meramente con la minaccia di causare la dissoluzione del parlamento. Non c'era
niente di più terribile per i politici parlamentari che una simile
minaccia che implicava la fine dei loro facili introiti. Per evitare una simile
fine, avrebbero dovuto dire si a qualsiasi cosa. E come va oggi in Germania, in
Russia, in Italia? Gli iloti parlamentari sono senza opinioni, senza volontà, e
non sono nulla più che volenterosi servi dei loro padroni fascisti.
Non c'è dubbio che il
parlamentarismo sia interamente degenerato e corrotto. Ma perché il
proletariato non ferma questo deterioramento di un sistema politico che è stato
una volta usato per i suoi scopi? Fermare il parlamentarismo tramite un'eroico
atto rivoluzionario sarebbe stato molto più utile ed educativo per la coscienza
proletaria che il miserabile teatro in cui il parlamentarismo è finito nella
società fascistica. Ma un simile proposito era interamente estraneo a Lenin,
come è estraneo oggi a Stalin. Lenin non era interessato alla libertà dei
lavoratori dalla loro schiavitù mentale e fisica; non era turbato a causa della
falsa coscienza delle masse e dalla loro umana autoalienazione. L'intero
problema per lui era nulla più ne meno che un problema di potere. Come un
borghese, questi pensava in termini di crescite e perdite, più o meno, credito
e debito; e tutte le sue computazioni business - like trattano cose esterne:
immagini dei membri, numero di voti, seggi in parlamento, posizioni di
controllo. Il suo materialismo è un materialismo borghese, trattante con
meccanismi, non con essenze umane. Non è realmente capace di pensare in termini
sociostorici. Il parlamento per lui è il parlamento; un concetto astratto con
un vacuo significato ritenuto uguale in tutte le nazioni, in tutti i tempi.
Certamente riconosce che il parlamento passa attraverso stadi differenti, e lo
mostra nelle sue discussioni, ma non usa la propria conoscenza nella sua teoria
e pratica. Nelle sue polemiche proparlamentari si nasconde dietro i parlamenti
protocapitalisti nello stadio ascendente del capitalismo, in
modo da non restar senza argomenti.
E se attacca i vecchi parlamenti, è dal punto di vantaggio dei giovani ed a
lungo antiquati. In breve, decide che la politica è l'arte del possibile.
Comunque, la politica per i lavoratori è l'arte della rivoluzione.
VI
Rimane da trattare la posizione di
Lenin sulla questione dei compromessi. Durante la guerra mondiale la
socialdemocrazia tedesca si vendette alla borghesia. Tuttavia, più contro il
suo volere, essa ereditò la rivoluzione tedesca. Ciò fu possibile in larga
misura per mezzo dell'aiuto della Russia, che fece la sua parte nello
sbarazzarsi del movimento consiliare tedesco. Il potere che era caduto nel
grembo della socialdemocrazia non fu usato per niente. La socialdemocrazia
semplicemente rinnovò la sua vecchia politica di collaborazione di classe,
soddisfatta col dividersi il potere sui lavoratori con la borghesia nel periodo
di ricostruzione del capitalismo. I lavoratori radicali tedeschi respinsero
questo tradimento con questo slogan, "Nessun compromesso con la
controrivoluzione". Qui era un caso concreto, una situazione specifica,
demandante una decisione chiara. Lenin, incapace di riconoscere i reali sbocchi
della posta, fece di questa concreta specifica questione un caso generale. Con
l'aria di un generale e l'infallibilità di un cardinale, provò a persuadere le
ultrasinistre che i compromessi con gli oppositori politici sotto tutte le
condizioni sono un dovere rivoluzionario. Se si leggono quei passaggi
occupantesi di compromessi nel pamphlet di Lenin, si è inclinati a comparare le
osservazioni di Lenin nel 1920 con la presente politica di compromessi di
Stalin. Non c'è nessun peccato mortale della teoria bolscevica che non sia
diventato realtà
bolscevica sotto Lenin.
Secondo Lenin, le ultrasinistre
avrebbero dovuto aver la volontà di firmare il trattato di Versailles.
Comunque, il partito comunista, ancora in accordo con Lenin, realizzò un
compromesso e protestò contro il Trattato di Versailles in collaborazione con
gli hitleriti. Il "nazionalbolscevismo" propagandato nel 1919 in Germania dal
sinistro Lauffenberg fu nell'opinione di Lenin "un'assurdità piangente
verso il cielo". Ma Radek ed il partito comunista - ancora in accordo col
principio di Lenin - conclusero un compromesso col nazionalismo tedesco, e
protestarono contro l'occupazione del bacino della Rühr e celebrarono l'eroe
nazionale Schlageter. La Lega
delle Nazioni era, secondo le stesse parole di Lenin, "una banda di ladri
e
banditi capitalisti", che i
lavoratori avrebbero potuto solo combattere fino all'amara fine. Comunque
Stalin - in accordo con le tattiche di Lenin - realizzò un compromesso con
questi stessi banditi, e l'U.R.S.S. entrò nella Lega [1934, N.d.T.]. Il
concetto "popolo" o "gente" è nell'opinione di Lenin una
concessione criminale all'ideologia controrivoluzionaria della piccola
borghesia. Questo non impedì ai leninisti, Stalin e Dimotrov, di realizzare un
compromesso con la piccola borghesia in modo da lanciare il bizzarro movimento
del "fronte popolare". Per Lenin l'imperialismo era il più grande
nemico del proletariato mondiale, e contro di esso tutte le forze dovevano
essere mobilitate. Ma Stalin, ancora in vera voga leninistica, è impegnato
quasi a scodellare un'alleanza con l'imperialismo di Hitler [vedasi ns.
parentesi d'osservazione nel par. V - N.d.T.]. È necessario offrire altri esempi?
L'esperienza storica insegna che tutti i compromessi tra rivoluzione e
controrivoluzione possono servire solo la seconda. Essi conducono solo alla
bancarotta del movimento rivoluzionario. Tutta la politica di compromesso è una
politica di bancarotta. Ciò che iniziò come un mero compromesso con la
socialdemocrazia tedesca trova la sua fine in Hitler. Ciò che Lenin giustificò
come un compromesso necessario trova la sua fine in Stalin. Nel diagnosticare
il non compromesso rivoluzionario come "Una Malattia Infantile Del
Comunismo", Lenin stava soffrendo della malattia senile dell'opportunismo,
di pseudocomunismo.
VII
Se si guarda con occhio critico al
quadro del bolscevismo fornito dal pamphlet di Lenin, i seguenti punti
principali possono esser riconosciuti come caratteristiche del
bolscevismo:
1. Il bolscevismo è una dottrina
nazionalistica. Originariamente ed essenzialmente concepita per risolvere un
problema nazionale, fu più tardi elevato a teoria e pratica di scopo
internazionale ed a dottrina generale. Il suo carattere nazionalistico viene
alla luce anche nella sua posizione sulla lotta per l'indipendenza nazionale
delle nazioni oppresse.
2. Il bolscevismo è un sistema
autoritario. Il picco della piramide sociale è il punto più importante e
determinante. L'autorità è realizzata nella persona onnipotente. Nel mito del
leader l'ideale della personalità borghese celebra i suoi più alti trionfi.
3. Organizzativamente, il
bolscevismo è altamente centralistico. Il comitato centrale ha responsabilità
per per tutta l'iniziativa, la leadership, l'istruzione, i comandi. Come nello
stato borghese, i membri leader dell'organizzazione giocano il ruolo della
borghesia; il solo ruolo dei lavoratori è di obbedire agli ordini.
4. Il bolscevismo rappresenta una
politica di potere militante. Esclusivamente interessato nel potere politico,
non è differente dalle forme di governo nel senso tradizionale borghese.
Parimenti nella propria organizzazione non c'è autodeterminazione tramite i
membri. L'armata serve al partito come grande esempio d'organizzazione.
5. Il bolscevismo è dittatura.
Lavorando con la forza bruta e misure terroristiche, dirige tutte le sue
funzioni attraverso la soppressione di tutte le istituzioni ed opinioni non
bolsceviche. La sua "dittatura del proletariato" è la dittatura di
una burocrazia o di una singola persona.
6. Il bolscevismo è un metodo
meccanicistico. Aspira alla coordinazione automatica, alla conformità tecnica
assicurata ed al più efficiente totalitarismo come risultato dell'ordine
sociale. L'economia centralisticamente "pianificata" confonde
coscientemente i problemi tecnico - organizzativi con questioni
socioeconomiche.
7. La struttura sociale del
bolscevismo di natura borghese. Non abolisce il sistema salariale e rifiuta
l'autodeterminazione proletaria sui prodotti del lavoro. Rimane con ciò
fondamentalmente all'interno della struttura di classe dell'ordine sociale
borghese. Il capitalismo è perpetuato.
8. Il bolscevismo è un elemento
rivoluzionario solo nella struttura della rivoluzione borghese. Incapace di
realizzare il sistema dei soviet, è al riguardo incapace di trasformare
essenzialmente la struttura della società borghese e la sua economia. Non
stabilisce il socialismo, ma il capitalismo di stato.
9. Il bolscevismo non è un ponte che
porta eventualmente alla società socialista. Senza il sistema dei soviet, senza
la totale radicale rivoluzione di uomini e cose, non può esaudire la più
essenziale di tutte le esigenze socialistiche, che è terminare
l'autoalienazione umana capitalista. Esso rappresenta l'ultimo stadio della
società borghese e non il primo passo verso una nuova società.
Questi nove punti rappresentano una
invalicabile opposizione tra bolscevismo e socialismo. Dimostrano con tutta la
necessaria chiarezza il carattere borghese del movimento bolscevico e la sua
stretta relazione al fascismo. Nazionalismo, autoritarismo, centralismo,
dittatura del leader, politiche di potenza, governo del terrore, dinamiche
meccanicistiche, incapacità a socializzare [quest'ultimo è un riferimento
economico, N.d.T.] - tutte queste essenziali caratteristiche del
fascismo erano e sono esistenti nel bolscevismo. Il fascismo è maramente una
copia del bolscevismo. Per questa ragione la lotta contro l'uno deve iniziare
con la lotta contro l'altro.
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