Perspective Internationaliste
n.56, 2012
L'anno del 2011 si è concluso con, come sfondo, una brutale
accentuazione della crisi strutturale del modo di produzione capitalistico, con
il suo effetto "domino" provocato dalla globalizzazione e
l'interdipendenza delle economie nazionali diverse, così come le reazioni
multiple di protesta alcune delle quali nuove, come la "Primavera
araba", "Los Indignados", e Occupy.
Non vi è alcun collegamento automatico tra gli effetti della
crisi economica e lo sviluppo delle lotte e della coscienza di classe. Tuttavia,
la situazione dell'economia globale solleva questioni in un modo molto più
fondamentale circa i punti storici generali: il futuro del capitalismo, le
prospettive per la sopravvivenza del pianeta e dell'umanità, le prospettive globali
economiche e politiche in questo mondo dominato sempre più apertamente dalla
violenza di ogni genere.
"Lo stesso processo che la borghesia vive come una
crisi permanente e la progressiva dissoluzione appare al proletariato, anch’essa
sotto forma di crisi, come l’accumulo di forza e il trampolino di lancio verso
la vittoria. Ideologicamente questo significa che la crescita stessa della
comprensione della natura della società, che riflette la lunga lotta mortifera
della borghesia, comporta la costante crescita della forza del
proletariato." Georg Lukács, Storia e coscienza di classe
Questa citazione da Lukács sintetizza infatti la situazione
attuale e i punti storiche. Da un lato, una classe dirigente intrappolata dalla
necessità di gestire le contraddizioni sempre più profonde nel suo sistema
economico, di fronte alla perdita di potere delle sue ideologie (la perdita di
qualsiasi senso delle ideologie di sinistra), costretta a mostrare sempre più
il vero volto del capitalismo: implacabile nella sua violenza, la sua
distruttività e la sua assenza di prospettive. D'altra parte, un proletariato
che, nonostante i suoi errori, le sue illusioni, le sue sconfitte, il suo
corporativismo, ecc, reagisce rompendo con le forme stabilite e tradizionali in
tutto il pianeta, reazioni che sempre più chiaramente cominciano a mettere in discussione
il funzionamento globale della società.
La classe dirigente a livello mondiale è di fronte a una
crisi del debito senza precedenti, e alle tensioni che sono emerse rispetto alle
strategie con cui affrontare la crisi con il minimo rischio. Sono i paesi della
zona euro che si trovano sotto la grande pressione adesso: organi finanziari
internazionali chiedono misure drastiche da parte degli stati europei per
limitare il ciclo di crescente debito.
È l'esistenza stessa della zona euro che ora è in
discussione!
Ma i governi sono ora di fronte agli effetti devastanti
dell’austerity - l'impatto sui consumi e quindi sulle prospettive per qualsiasi
ripresa economica, come pure le conseguenze sociali di un attacco diretto e
brutale al tenore di vita. Anche così, le fazioni di destra, i tecnocrati, sono
ora al governo in Italia e in Grecia e in Spagna dove la sinistra è stata
sconfitta alle urne, e in tutte e tre misure di austerità molto severe sono in
corso di attuazione.
Ciò che costituisce lo sfondo alla situazione sociale
attuale, quindi, è una tensione crescente e uno svelamento dei punti storici di
"cambiamento fondamentale o barbarie", così come del legame crescente
tra i diversi movimenti di rivolta. Vi è, poi, una connessione tra
l'approfondimento delle contraddizioni economiche e le reazioni di classe, tra i
movimenti del Maghreb e quelli degli "Indignados", e Occupy, tra le misure
di austerità dei governi e gli interrogativi soprattutto in seno ai giovani....
Anche se questi movimenti non sono organizzati in modo
coordinato, interagiscono – con il loro contenuto, e con la dinamica di
opposizione che creano - uno con l'altro. Essi si riprendono a vicenda. E le
potenzialità che questo crea, associato alla messa in discussione della
società, è fondamentale per la comprensione del sistema come totalità.
Occupy: un
avvertimento per il capitale
Recentemente, numerosi scioperi e proteste si sono
sviluppati nei paesi europei in reazione ai piani di austerità drastiche che
gli stati sono ora costretti ad adottare per cercare di rispondere alla crisi
del debito e del rischio di default del debito sovrano. Anche qui, ciò che è
nuovo, è la prospettiva: fino a non tanto tempo fa si parlava ancora di
"welfare" e i conflitti sociali opponevano gli operai ai padroni, i
conflitti che si stanno svolgendo ora oppongono i lavoratori al loro Stato, e
anche ad una politica globale europea.
E anche se questi movimenti contengono ancora l'illusione
che con "un'altra amministrazione", o forse con l'uscita dalla zona
euro, le cose sarebbero migliori, sono tutti iscritti in una più generalizzata,
e quindi potenzialmente più unificante, dinamica.
Vi è anche una potenziale perdita di illusioni nel sistema
capitalista stesso: le "perle" dell'economia globale, i paesi più
ricchi del mondo, sono a corto di "gas" e si confrontano con lo
stesso tipo di problemi come i governi della "economie emergenti". Le
economie del primo mondo sono casi disperati, gli Stati europei non possono più
ri-finanziare i propri debiti e sono sull'orlo della bancarotta: è l’immagine che
il capitalismo ci offre ora!
E' in questo quadro di piani di austerità che la
"rivolta" dei giovani è esplosa sulla scena. Giovani proletari,
giovani studenti, giovani greci, francesi o inglesi, quelli che una volta erano
disprezzati per il loro presunto egoismo individuale e per il loro vivere alla
giornata, stanno oggi combattendo con le armi dei loro genitori, in modo
collettivo, impegnandosi in una auto-organizzazione; lottando contro misure che
li colpiscono nella loro vita quotidiana, ma anche in modo generale il loro
stesso futuro in questa società. È chiaro che in un modo molto importante questo
è integralmente collegato alla discussione globale delle prospettive che
l'attuale sistema offre e rappresenta quindi un potenziale di sviluppo di
coscienza politica. Inoltre, abbiamo a lungo insistito sulla nozione di
esperienza di lotta e le tracce che queste ultime hanno lasciato. Abbiamo
spesso sottolineato la frattura storica che esiste tra le tradizioni di lotta
della "vecchia classe operaia" e quella del proletariato ricomposto di
oggi.
I movimenti di rivolta della generazione future rappresentano
quindi un possibile legame tra le forme di organizzazione
"tradizionale" (assemblee generali, la riscoperta di vecchi scritti
politici) e le "nuove forme di lotta" con il loro uso delle moderne
tecnologie e le nuovo forme di organizzazione del lavoro a cui sono legati.
Il compito da svolgere
Ci sono due movimenti che sono importanti da mettere a
fuoco: la "primavera araba" e il movimento degli "Indignados:"
quest'ultimo derivante, in un certo modo, dal primo. (Sul movimento Occupy
negli Stati Uniti: http://connessioni-connessioni.blogspot.it/2012/04/occupy-risultati-e-prospettive.html).
La "primavera araba" ha rappresentato una
formidabile esperienza di lotta collettiva, ha reso possibile per i
partecipanti di sentire il potere di azione di massa in una tale dinamica. Questi
movimenti hanno mischiato l'opposizione proletaria (contro il carovita e la
disoccupazione, ecc) con richieste riformiste (democrazia, elezioni, ecc.). Ma
la dinamica che si è concretizzata in questi movimenti, nati in Tunisia, si è sviluppata
come un fuoco selvaggio attraverso i paesi del Maghreb, in Yemen, poi in Siria,
Libia e, fino alla Cina. Essi contengono, a dispetto del loro carattere
inter-classista e delle loro illusioni riformiste, un potenziale per una
discussione più approfondita delle strutture fondamentali della società. E
questo interrogativo non è certo risolto, dal momento che dopo l'euforia della
"vittoria" è arrivata l'amarezza della disillusione: la vendetta
richiesta nelle condanne inflitte ai leader corrotti, le speranze nei governi
"democratici, che agiscono per il popolo", comincia a cedere il passo
a una chiarificazione progressiva dei passaggi reali, i punti di classe. L'esercito
egiziano non è più l'alleato del popolo, ma anzi la forza coercitiva che
garantisce la sicurezza della classe dirigente e la continuazione del vecchio
modo di funzionamento sociale, la situazione economica è altrettanto difficile
e la vita quotidiana della maggioranza della popolazione non è cambiata.
La nostra speranza è che questa progressiva perdita di
illusioni lascerà la sua traccia sui movimenti collettivi e che saranno quindi
in grado di ricominciare con una dinamica di rottura più profonda.
Abbiamo parlato dei giovani, del ponte che rappresentano tra
le forme tradizionali di organizzazione delle lotte e le nuove pratiche
derivanti dall'uso delle moderne tecnologie. I movimenti iniziati in Tunisia e
che poi si sono diffusi sono stati segnati da questa caratteristica e si può
scommettere che la circolazione estremamente rapida delle informazioni e la
chiamata alla mobilitazione che i telefoni cellulari e l’accesso a Internet
saranno un dato di fatto nei movimenti futuri.
Ora per il movimento nato da "Los Indignados.". La
dinamica è nata in Spagna. "Cittadini" hanno protestato contro il
degrado delle condizioni di vita e, in particolare, contro gli sfratti di
lavoratori dalle loro abitazioni. A poco a poco, questa opposizione spontanea è
stata trasformata in una solidarietà organizzata e è stata messa in discussione
la classe dirigente nel suo complesso. Assemblee generali sono state create in
molte città spagnole. Luoghi dove si poteva parlare liberamente, dove
l'espressione collettiva del rifiuto del funzionamento della vita economica e
politica era possibile.
Ciò che è notevole è lo
sviluppo di questa corrente "di indignazione". Dalla Spagna, è
passato in Francia, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Grecia poi, ha attraversato
l'Atlantico per stabilirsi a New York, Oakland, Seattle, Toronto, e in tutto il
Nord America. Chiaramente, questa corrente di opposizione al sistema economico
è l'immagine stessa del sistema economico stesso: è globale. Si costituisce un
reale potenziale per lo sviluppo della coscienza politica e per la comprensione
del modo di produzione capitalistico come una totalità, collegando, a livello
planetario, le componenti economiche, politiche, sociali e ambientali.
La classe dirigente chiaramente ha percepito il pericolo di
questa corrente e ha schierato tutto il suo arsenale coercitivo e ideologico
per contrastarla. Da un lato, la polizia violentemente ha sgomberato "Los
Indignados", non appena la situazione lo ha consentito. Inoltre, i
sindacati hanno proposto i loro servizi buoni e legali per cercare di occupare
e isolare uno spazio di autentica opposizione popolare.
Tuttavia, i tre elementi principali che possono essere
estrapolati dalla situazione sociale attuale sono: la continuazione delle
correnti di opposizione come una rottura con il normale funzionamento su scala
internazionale, l'approfondimento della discussione sulle prospettive per il
capitalismo, e la sua espressione nei movimenti sociale e politici, il sostegno
dei movimenti particolari da parte di altri con la dinamica di connessione che
essa implica.
Questi tre elementi indicano, a dispetto delle tendenze
contraddittorie (illusioni riformiste, la recrudescenza della politica di
identità o delle ideologie religiose), lo sviluppo di una coscienza di classe
su scala internazionale.
Prospettiva internazionalista
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