mercoledì 29 febbraio 2012

Luca Abbà


Luca Abbà

Dino Erba, Milano, 29 febbraio 2012.

Il cretinetti della Val Susa
Affonda proprietà privata e democrazia pilastri della società borghese

Luca Abbà è un piccolo grande uomo della Val Susa.
Un cretinetti. Uno dei tanti. Siamo tutti cretinetti.
Se abbiamo la pretesa di affrontare i signori dell’economia e della politica.
Gente che dopo aver fatto disastri, continua a contarcela su.
Come se la colpa delle loro malefatte fosse nostra.
Hanno proprio la faccia come il culo!
Intanto, sotto i morsi crudeli della crisi, il movimento NO TAV diventa termometro di una rabbia crescente, che unifica i vari fronti di lotta.


Che cosa ha fatto Luca Abbà? È salito su un traliccio dell’alta tensione, cosa che chi è vissuto in campagna, quand’era ragazzo, ha fatto almeno una volta. Una bella emozione, sfidare la morte che da un cartello di latta ci ghignava sopra la testa. Poi c’erano gli spuntoni, e solo i più bravi li superavano. L’adrenalina saliva a mille, a poche spanne da noi, sui cavi, correvano 10.000 volt, peggio della sedia elettrica. Il traliccio è anche un bel osservatorio. Si vede lontano. Ed è questo che voleva fare Luca.
Quando, sotto di lui, sono saliti i rocciatori della benemerita (benemerita di che cosa? Non si sa), ovvero i carabinieri, il braccio armato dei signori del TAV.
Ma perché c’erano i carabinieri?
Luca era a casa sua, nel terreno della baita Clarea. Acquistato dai NO TAV nell’ottobre 2010. Un gesto simbolico, sicuramente ingenuo, che avrebbe dovuto fermare le ruspe di uno Stato nato per difendere la proprietà privata. Così dicono.

Proprietà privata? Kaput!
Di fronte alla speculazione, tutti i sacri idoli della borghesia vanno a farsi fottere. Altro che interesse comune! A vincerla, in questa società, è l’interesse di pochi affaristi, contro l’interesse della comunità che lavora.
Speculazione e affarismo sono oggi l’ultima spiaggia di una borghesia giunta al capolinea che, come un laido vampiro, sopravvive solo succhiando sangue ai proletari. In Italia, come in ogni altra plaga del pianeta. E le «Grandi Opere», come l’Alta Velocità, sono il simbolo di un sistema economico lanciato nelle più spericolate avventure immobiliari e finanziarie.
L’alta velocità è inutile e dannosa, ed è anche pericolosa, visti i raids sbirreschi degli ultimi tempi. Per capirlo, non ci vuole il cervello di Marx, buon anima. L’hanno capito anche i professori del Politecnico di Milano. Brave persone. Quando non sono sul libro paga di società di engineering, con contorno di cementieri e tondinari, più o meno collusi con mafie di vario colore. Gli unici, a trar vantaggio dalle ferrovie ad alta velocità.
Oggi, l’incidente di Luca ha fatto emergere dalle torbide acque della politica tutta una genia di coccodrilli, dalla lacrima facile. Di sinistra e di destra.
I peggiori sono sicuramente i coccodrilli di sinistra, che in passato vollero cavalcare il NO TAV sull’onda dell’anti-berlusconismo. Ci ricordiamo la grande manifestazione a Torino dell’8 dicembre 2005? I sinistri diesse, oggi pidi, contavano che, una volta eliminato il Berlusca, con un po’ di compromessi e bustarelle, con qualche legnata, la protesta rientrasse. E si potesse partecipare alla festa. Prima l’ex governante piemontese Mercedes Bresso e l’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino e ora il vecchio bos del PD, e nuovo sindaco di Torino, Piero Fassino hanno allungato le loro manacce sulla torta dell’alta velocità. Ma i NO TAV non sono coglioni. Non hanno abbandonato la lotta. E allora i sinistri affaristi hanno mandato avanti un esperto compare, il giudice sbirro Gian Carlo Caselli, con le sue 25 denunce tenta di criminalizzare il movimento. Ma ancora una volta, la banda Bersani si è bruciata le dita.
Resta sempre possibile un sinistro gioco di sponda. Sulla via di un compromesso, tentano allora di conquistare una parvenza di credibilità i sinistri-sinistri, le sparpagliate truppe dei rifondaroli trombati, di Paolo Ferrero e di Niki Vendola. Assai screditati, dopo squallide esibizioni nel sottobosco politico. Sempre pronti a mendicar posti e pasti in pubbliche amministrazioni, non salveranno la faccia con le comparsate in Valle.

Autonomismo? Kaput!
Più cinici di un killer ci sono i leghisti; con faccia di tolla che più tolla non c’è, Roberto Castelli sentenzia: «Luca Abbà, se l’è cercata». D’altra parte, in Piemonte, il governo è leghista, con Roberto Cota. Attratti da allettanti guadagni, gli amici di Bossi han buttato alle ortiche quel autonomismo da cui, a sproposito, vorrebbero trarre una ragione ideale di vita politica. Che nella prosaica realtà, si riduce alla tangentizia gestione di traffici a livello locale.

Democrazia? Kaput!
Più subdoli sono i coccodrilli di centro/destra/centro, del tipo ex democristo Pierferdi Casini. Che con la sicumera di coloro che han molti santi nel paradiso degli affari, non hanno peli sulla lingua. Scaricano la responsabilità del «triste episodio» agli ignavi politici, che non seppero parlar chiaro. Dichiarando a chiare lettere che il TAV sa da fare, perché fu deciso a furor di voti, da un Parlamento democraticamente eletto.
E qui casca l’asino, democratico.
Il TAV, o meglio il Corridoio 5 Transpadano Lione-Torino-Venezia-Trieste-Budapest, fu deciso nel 1996 in esclusivi incontri tra politicanti d’alto bordo, banchieri e industriali; a porte chiuse. E non appena fu reso palese, suscitò perplessità e poi opposizione in Val di Susa, dove era, ed è previsto, un nuovo traforo, accanto a quello preesistente, ed infrastrutture viarie, che sono una prevedibile causa di dissesti ambientali, con pesanti conseguenze sulla salute di abitanti e viandanti, visto che saran «toccati» ingenti giacimenti di absesto (amianto). Creando disastri, forse peggiori di quelli dell’Eternit.
Lo Stato cercò di stroncare sul nascere le prime voci di dissenso in valle. Il 5 marzo 1998, furono arrestati gli anarchici: Silvano Pellissero, Edoardo Massari detto Baleno e l’argentina Maria Soledad Rosas detta Sole. Uniti dalla lotta e dall’amore, Baleno e Sole furono «suicidati» in carcere: Baleno il 28 marzo e Sole l’11 luglio.
Nonostante la mano assassina dello Stato (e degli affaristi), la protesta restò viva. In più occasioni i valligiani espressero la loro opposizione al TAV. Incontrando un crescente e costante consenso, dentro e fuori la valle,via via che gli scopi affaristici dell’alta velocità ferroviaria si scontravano con i tagli ai più elementari servizi sociali, a partire dai treni dei pendolari. Ma Stato, politicanti e affaristi fecero orecchie da mercante. Nel vero senso del termine. E proseguirono col TAV. Infischiandosene delle proteste, hanno giocato alle tre tavolette, alternando promesse, corruzioni e minacce.
Ed ora, i Casini vari ci vengono a parlare di democrazia. Ma è una vecchia balla, che mostra la corda. La democrazia è solo la foglia di fico dietro cui i padroni fanno passare sfruttamento e oppressione. E tutte le porcherie che a loro fan comodo.
Ed è una foglia sempre più piccola.
Come ci dimostra Alessandro Sallusti, direttore de «Il Giornale», il portavoce dei più sfacciati interessi dei faccendieri del mattone.
Che senza pudore titola: «Altro che eroe è solo un cretinetti».
Bene.
Noi non abbiamo bisogno di eroi.
Gli eroi e i martiri appartengono a un mondo che non ha più nulla da dire.
Un mondo che vive nel passato.
Che attende solo di essere sepolto.
Con la proprietà privata.
Con la democrazia.
E con tutti gli orpelli di un sistema sociale fondato sullo sfruttamento e l’oppressione.


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