Lo sciopero di polizia e pompieri è solo il segno di un diffuso movimento di lotte.
Le recenti disgrazie della vecchia Europa hanno steso un velo su quanto avviene in altre parti del mondo, rinfocolando la credenza che se l’Europa e gli Usa piangono, altri (forse) ridono, soprattutto i BRIC, Brasile, Russia, India, Cina le nuove frontiere del capitalismo.
In Russia, a parte gli oligarchi, non si sta tanto bene, e le recenti manifestazioni anti-Putin indicano un malessere diffuso. In Cina, il grande balzo in avanti si sta ammosciando, e i padroni stanno pensando a dislocare le fabbriche dove meglio possano spremere la forza lavoro, ma gli operai alzano la testa. E alzano la testa anche in Cambogia, uno dei paradisi del supersfruttamento. Altrettanto avviene in India, anzi ... per il 28 febbraio si annuncia uno sciopero generale che coinvolge cento milioni di lavoratori!
Sul manifesto le rivendicazioni degli scioperanti: smilitarizzazione della polizia di Stato, aumenti del salario, PEC300.
E in Brasile? Il Paese del presidente operaio e della presidenta guerrillera, che tante promesse hanno fatto? Le promesse le hanno fatte soprattutto al Fondo Monetario e ora il governo di «sinistra» sta risanando i debiti a spese dei lavoratori, come in Grecia, come in Italia, come ... dappertutto. E dappertutto c’è un Mario Monti al lavoro.
Lo sciopero della polizia militare in corso in questi giorni a Bahia e in altri Stati brasiliani (Rio de Janeiro, Ceará, Maranhão, Pará, Espírito Santo) fa seguito allo sciopero avvenuto all’inizio dell’anno, che ha visto in prima fila i Vigili del Fuoco, bombeiros, per chiedere aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro. Lo sciopero ha suscitato una diffusa e calda solidarietà. Polizia e pompieri sono l’avanguardia di un movimento di scioperi che riguarda tutto il pubblico impiego – a partire da maestri e infermieri – i cui salari sono stati congelati, per risanare il debito pubblico. Per il 2012, il governo di Dilma Roussef ha annunciato tagli della spesa pubblica pari a 60 miliardi di reis (circa 26,5 M di €), strangolando gli Stati e i Municipi. E intanto, il 50% del bilancio statale finisce per pagare gli interessi alle banche! (vedi: www.cstpsol.com). Stretta e sacrifici non tollerano movimenti rivendicativi, e svelano il volto repressivo del governo «progressista», che ha avviato una colossale campagna per criminalizzare gli scioperanti. Contro gli agenti in sciopero a Bahia, il governo locale (il governatore, Jaques Wagner, è un ex sindacalista!) ha subito lanciato pesanti calunnie – con l’accusa di furti e omicidi! –; poi il governo centrale ha inviato l’esercito, con un contingente di corpi speciali (Comando de Operações Táticas). E sono iniziati gli arresti.
Verso lo sciopero generale
Ma invece di smorzarsi, gli scioperi stanno dilagando, tanto che si parla di «epidemia». E, sull’onda delle agitazioni, anche il Brasile si avvia a uno sciopero generale, che pone al centro gli aumenti salariali, migliori condizioni di lavoro e l’approvazione della Proposta di Emendamento Costituzionale n. 300 (PEC300, vedi: http://www.pec300.com/), che prevede possibilità di controllo da parte dei cittadini sul bilancio pubblico, provvedimento particolarmente sentito dai lavoratori del pubblico impiego, che sono tra l’incudine del blocco salariale e il martello dell’inflazione.
In Brasile, il Boom economico ha reso la situazione molto instabile, e densa di contrasti e contraddizioni. Il PIL ha un andamento oscillante: dal 7% nel 2009, è sceso sotto zero nel 1010 ed è risalito quasi al 3% nel 2011, con un’inflazione al 7%. Il reddito pro capite è di 11.800$ (in Italia è di 30.100$). Ma soprattutto è alta la sperequazione sociale, con un indice di Gini del 53,9 il Brasile occupa il 13 posto nella classifica mondiale della disuguaglianza (l’Italia, con il 32, è al 107° posto, nonostante Berlusconi & Co.). I poveri sono il 26% della popolazione; i disoccupati sono il 6%.
D. E., Milano, 9 febbraio 2011.
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